L’esclusione dalle coppe compromette un quadro economico già pesante. Serviranno pesanti risparmi e cessioni per sistemare il bilancio
Il danno economico era stato già messo in preventivo. Ora che l’iter della giustizia sportiva si è irreversibilmente concluso, i conti si completano nella loro tremenda crudezza. Il problema, per la Juventus, non sta certamente nell’esclusione decretata ieri dalla Conference League, che valeva una decina di milioni. È l’assenza dalla Champions a pesare: l’anno scorso, pur rimediando cinque sconfitte su sei, i bianconeri hanno portato a casa circa 55 milioni di premi, saliti a 65 con il successivo percorso in Europa League. Considerati i 12-13 del botteghino e i malus degli sponsor (2 milioni di Jeep e anche Adidas potrebbe attivare “alcuni meccanismi di riduzione del corrispettivo fisso”), l’ammanco derivante dalla fallita partecipazione alle coppe è di circa 80 milioni rispetto al 2022-23. Fuori dall’Europa dopo 11 stagioni di fila. Era stata propria la vetrina della Champions, con i suoi ricchi premi, ad alimentare la crescita bianconera e ad allargare il gap con gli altri club italiani durante l’era di Andrea Agnelli. La Juve era abituata a costruire nelle campagne europee un quarto del suo fatturato operativo, senza dimenticare gli effetti indiretti sul marchio. Tutto questo è ormai svanito. I mancati introiti complicano un quadro economico già compromesso e aprono scenari che potrebbero chiamare in causa gli azionisti. Ma facciamo un passo indietro.
deriva
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La Juventus, si sa, è reduce dalla doppia ricapitalizzazione da 700 milioni a cavallo tra il 2019 e il 2021. I massicci investimenti e l’emergenza Covid avevano fatto saltare i conti: -93 milioni nel 2019-20, -227 nel 2020-21, -239 nel 2021-22, per un totale di 559 milioni di perdite. Il bilancio della scorsa stagione verrà approvato dal cda di settembre. Possiamo stimare un deficit dimezzato rispetto al 2021-22, attorno ai 110 milioni (includendo la plusvalenza di Kulusevski a giugno), grazie al pieno ripristino dell’attività dopo le restrizioni pandemiche e all’avviata azione di ristrutturazione dei costi. Cosa succederà, però, all’esercizio iniziato l’1 luglio e che si concluderà il 30 giugno 2024? Qui le cose si complicano. La Juve dovrà rinunciare, come detto, agli 80 milioni (tutto compreso) delle coppe. È vero che gli addii di Paredes, Di Maria e Cuadrado hanno comportato un risparmio di una trentina di milioni ma, al momento, il contatore dei proventi del player trading è sostanzialmente fermo a zero, contro gli almeno 60 milioni registrati nel 2022-23. Ciò vuol dire che, a oggi, il conto economico 2023-24 della Juventus parte da -200 milioni. È un Everest da scalare. Non è un caso se, appena qualche giorno fa, il presidente di Exor John Elkann ha dichiarato che il colpo più importante è stato l’arrivo a Torino del d.s. Giuntoli.
equity?
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La riduzione della perdita al momento ipotizzata dipenderà dal lavoro dello staff dirigenziale in sede di campagna trasferimenti. La dinamica costi-ricavi, senza la Champions, non regge proprio: a fronte di 350 milioni di ricavi caratteristici, la rosa (stipendi tesserati più ammortamenti) ha un costo di 370 milioni e le altre uscite si aggirano attorno a 180 milioni. Bisognerà da un lato abbattere il costo della squadra e dall’altro incassare mega-proventi dalle cessioni. Altrimenti sarà inevitabile un nuovo aumento di capitale. Perché? Al 30 giugno 2022 il patrimonio netto di Fc Juventus era di 166 milioni. Considerata la perdita dell’anno scorso, al 30 giugno 2023 dovrebbe essere sceso attorno ai 50-60 milioni. Va da sé che, senza correttivi, il deficit della nuova stagione porterebbe il patrimonio netto in territorio negativo richiedendo un intervento degli azionisti. Non è nemmeno escluso che, valutando questa evoluzione dei conti, la proprietà decida di anticipare i tempi nell’ottica di un irrobustimento patrimoniale e di un rilancio del club, che si poggi su basi diverse dal passato: progetto di medio-lungo termine meno scintillante ma più sostenibile.
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